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Emma a Bruce

Caro Bruce,


sono stati un paio di giorni tranquilli, e ne ho odiato ogni singolo secondo. Dopo che ho dato a Jules il diario, si è appartato nella sala da ballo mezza dipinta a leggerlo. Quando ne è uscito, è sembrato pensieroso, a volte serio, ma non voleva parlare di ciò che aveva letto. E Bruce – nemmeno io lo volevo. Nonostante sapessi che Jules era arrabbiato con me per non avergli detto del diario, non riuscivo a spiegare perché non l’avessi fatto. E quando ho cercato di pensare al motivo per cui non gliel’avevo detto, la mia mente ha semplicemente ignorato la domanda, come una puntina su una scanalatura rovinata di un disco.


Abbiamo parlato di altre cose. Di Round Tom, della maledizione sulla casa, di una lettera di Ty, una di Luke dall’Accademia riguardo a Dru che si è messa nei guai con la sua compagna di stanza. (Credo che questo sia un buon indicatore che la sua compagna di stanza le piaccia. È sempre bello avere qualcuno con cui combinare guai.) Ma c’era qualcosa di distante negli occhi di Julian, qualcosa di lontano e inavvicinabile.


Mi è mancato.


Mi ha fatto pensare ai brutti momenti passati, quando Julian e io non potevamo davvero parlare, e ogni volta che volevo parlare con lui non potevo dirgli cosa provavo, che lo amavo, che lo avrei sempre amato, perché era illegale e impossibile. Dovevo nascondere il vero significato di ciò che volevo dire in conversazioni ordinarie, quindi quando dicevo Come stai, o Prendi la macchina oggi, quello che davvero volevo dire era Ti amo, ti amo.


Ero seduta su uno sgabello in cucina questo pomeriggio, contrassegnando delle scatole. Alcune delle cose della villa che manteniamo per farle diventare una parte permanente della casa. Altre che saranno impacchettata per farle esaminare ai ragazzi, per vedere se c’è qualcosa che vogliono tenere. Ci sta un orologio vecchio che penso piacerà a Ty, e alcuni soldatini di latta per Tavvy, e un sacco di pizzi vecchi e inquietanti per Dru da esaminare. Stavo svogliatamente segnando i contenuti di ogni scatola con un pennarello quando Julian è venuto in cucina, con un’espressione strana sul viso.


“Chiedimi del diario, Emma,” mi ha chiesto.


L’ho guardato per un attimo. Sembrava così strano, e un po’ pallido (forse è solo la carenza di sole... scusa, Inghilterra!). Quindi ho messo giù il pennarello e gli ho chiesto come stava andando la lettura del diario.


“Non ricordo,” ha detto, e dopo ha chiuso gli occhi. Quando li ha aperti di nuovo, erano fiammanti, come se qualcuno avesse acceso un fuoco dietro quel bellissimo colore blu-verde che amo così tanto. “Solo che io lo faccio. Ricordo. Ma la mia mente non vuole che lo dica. Mark mi ha scritto,” ha aggiunto, e io ho annuito come se sapessi come questo c’entrasse con il tutto. “Ha detto che il diario probabilmente è incantato. È ovvio che lo è. Non lo vedi? C’è una specie di incantesimo viscido su di lui, uno che fa sì che tu non voglia parlare di lui dopo che l’hai letto, o persino pensare troppo a lui.”


Ovviamente. Ha tantissimo senso – perché mi dimentico sempre di parlare con Jules del diario, o con chiunque altro; perché lo tenevo nascosto sotto il letto anziché in piena vista sul tavolino. Ho esalato un respiro tremante. “Mi sento così stupida –”


“No.” Jules ha attraversato la stanza e mi ha raggiunta in un momento. Ha preso la mia faccia tra le sue mani, e un brivido ha percorso la mia schiena. Era così serio, così intenso. Jules ha dovuto crescere così velocemente, e in momenti come questo quasi mi spaventa per quanto sembra adulto – non che nessuno di noi sia un bambino, e ne abbiamo passate molte più della maggior parte delle persone della nostra età ma c’è qualcosa riguardo la sua presenza che può evocare, a volte, qualcosa di autoritario.


È abbastanza sexy, a dire la verità.


“No”, ha detto di nuovo. Mi ha accarezzato delicatamente lo zigomo con il pollice. “Emma. Era un incantesimo. Ti ha fatto non pensare al diario, ti ha letteralmente tolto il pensiero dalla mente – lo so perché è successo anche a me. Non puoi incolpare te stessa. Puoi incolpare me – avrei dovuto capire cosa stesse succedendo. Ero troppo occupato a preoccuparmi che tu mi nascondessi qualcosa, quando avrei dovuto saperlo benissimo.” La sua voce si abbassò, bassa e rauca. “Sii arrabbiata con me,” disse. “Me lo merito.”


Ho girato la testa, baciato il palmo della sua mano. Ho sentito il brivido che lo ha attraversato. “Non c’è niente per cui essere arrabbiati”, ho sussurrato. “Solo...”


“Portami a letto,” ho detto. Sono arrossita anche. Di solito non dico questo genere di cose, ma al momento non mi importava. I suoi occhi si sono spalancati e mi ha tirato giù dallo sgabello, sollevandomi tra le sue braccia. Ho avvolto le gambe intorno alla sua vita, ho afferrato il risvolto della sua camicia e l’ho baciato. Lui ha emesso un gemito e ha ricambiato il bacio e poi mi stava portando in giro per la casa, e ci stavamo baciando come se non potessimo respirare altrimenti. Ha dato un calcio alla porta della camera da letto e siamo caduti insieme sul letto...

E questo è tutto, Bruce. Non ci sono altri dettagli per te. Ti basti sapere che era passato un po’ di tempo e il sole era quasi tramontato quando abbiamo ricominciato a parlare, almeno con parole di più di una sillaba. Eravamo aggrovigliati nelle lenzuola cachemere, e Jules era appoggiato su di me, sostenuto da un gomito. Io facevo danzare le mie dita su e giù per il suo braccio, indurito dai muscoli (grazie, addestramento da Shadowhunter).


“Bene,” ho detto. “È stato carino, ma non sono sicura che abbia risolto del tutto il nostro problema.”


Carino?” Julian sembrava indignato. “I cuccioli sono carini. I pigiami di peluche sono carini. La festa di pensionamento di Kraig è stata carina. Quello era...”


“Spettacolare.” ho detto. “Ecco, sei contento?”


“Spettacolare è un inizio.”



“Julian…”


Ha sorriso. “No. Non risolve il problema. Il diario è protetto da un incantesimo, e non dovremmo averci a che fare finché non lo rimuoviamo. Penso che dovremmo andare al Mercato delle Ombre. Vedere se riusciamo a trovare qualcuno disponibile a rimuovere l’incantesimo.”


“Non vuoi chiedere a Magnus?”


“Non possiamo continuare a disturbare Magnus.” Si è alzato, azione che mi ha fornito una bella visuale. Me la sono goduta per un po’ mentre frugava nei cassetti del comodino. Si è voltato verso di me, con in mano un pacchetto incartato. Aveva in volto un’espressione seria. “Avevo intenzione di dartelo per San Valentino,” ha detto. “Ma non volevo aspettare. So che hai detto che non c’è nulla di cui essere arrabbiati, ma sono ancora dispiaciuto, Emma. Mi fido di te interamente. Non c’è nessuno di cui mi fidi di più.”


Mi ha dato il pacchetto, cosa ottima perché avevo pensato che altrimenti sarei scoppiata a piangere. Era stato un giorno molto emotivo. Il regalo si è rivelato essere una bellissima foto incorniciata di noi due sulla London Eye; non riuscivo neanche a capacitarmi come l’avesse fatta incorniciare, o quando.


“Siamo così felici,” ho detto, commossa.


“Voglio che tu sia sempre felice,” ha detto Julian. “Voglio renderti sempre così felice. E passerò tutta la mia vita a farlo.”


Allora ho effettivamente pianto, e mi ha baciata, e beh, è tutto quello che devi sapere, Bruce. Magari ti dirò del Mercato delle Ombre quando ci andremo. Fino ad allora…


Emma



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